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Mossa, nel cuore del Friuli Orientale - 3 DI 3
Mossa, il Preval e i luoghi dello Spirito
Una pace che non conosce confini
Dov'è
L’anima di Mossa
Gli edifici sacri di Mossa hanno una storia decisamente travagliata, caratterizzata dalla distruzione portata dalle guerre e da sudatissime ricostruzioni, portate avanti con tenacia, speranza e collaborazione. I più begli esempi di questo fenomeno sono due, uno situato nella bellissima natura del Preval e l’altro in seno al paese, nel cuore pulsante della vita cittadina. Stiamo parlando del Santuario di Santa Maria dei Popoli in Preval e della chiesa arcipretale di Sant’Andrea, due luoghi di culto profondamente diversi per la loro storia e la loro missione, ma uniti dallo stesso spirito di rinascita e da un legame profondo che è stato creato nel tempo.
Santa Maria dei Popoli
È una delle poche costruzioni che si incontrano nell’incantevole valle del Preval: un piccolo santuario bianco con una facciata a capanna semplice, poche lesene che sorreggono il timpano, ed una finestra a mezzaluna a dare luce all’interno. Le linee pulite e dritte risaltano fra gli allegri steli d’erba e le foglie degli alberi che danzano al vento. Anche il campanile non è che una piccola vela sul culmine della facciata, e chiama a sé i fedeli dei dintorni, dentro e fuori i confini. Proprio alla sua missione di pace si ispira il nome: Santuario di Santa Maria Regina dei Popoli.
Frutto di numerose ricostruzioni, è difficile leggerne la storia attraverso le strutture rimaste, ma all’interno se ne trova qualche traccia. La maggior parte di ciò che vediamo è stato ripristinato in tempi relativamente recenti, ma alcuni elementi saltano all’occhio perché si presentano come un’anomalia, quasi una nota stonata nella regolarità dell’insieme. Nel presbiterio, infatti, l’intonaco bianco che ricopre le pareti lascia spazio, in alcuni tratti, ad una muratura in pietre e malta, visibilmente più antica di quella circostante. Si tratta di una scelta effettuata durante gli ultimi interventi di restauro, quando si decise di lasciare almeno uno spazio ai pochi resti del santuario risparmiati dalle guerre e dalle calamità. Insomma, queste pietre sono delle sopravvissute, e come tali meritano la nostra ammirazione.
La chiesa arcipretale di Sant’Andrea
Nel cuore di Mossa, invece, si trova un bell’edificio in pietra d’Aurisina e laterizio costruito tra le due guerre mondiali e dotato di alcune caratteristiche che lo rendono inconfondibile. È la chiesa di Sant'Andrea. Quando ci si arriva davanti, si nota immediatamente il timpano della facciata, mosso da morbide onde che accompagnano lo sguardo fino al suo vertice con un andamento di ispirazione rococò, ma anche il portale di accesso vuole la sua parte di attenzione: un magnifico portone in legno decorato con linee sinuose che ricreano elementi simbolici del cristianesimo, spighe di grano e tralci di uva, il tutto inscritto in un arco in pietra a tutto sesto e dalla strombatura marcata, quasi un inno allo stile romanico. La sorpresa si svela quando ci si concentra sulla fascia più esterna dell’arco, dove si trova il sopraportale. Si tratta di un elemento eseguito a traforo che crea una specie di fregio decorativo tutt’intorno all’arcata, fatto di curve morbide e sequenze di perline che richiamano gli elementi della natura così come vengono raccontati nello stile liberty. Rococò, romanico, liberty… un bel miscuglio, non c’è che dire, ma sapientemente dosato dalle mani del suo ideatore, l’architetto Barich, a cui fu affidato il progetto dell’edificio.
L’interno cambia ancora una volta stile di riferimento, avvicinandosi piuttosto al neobarocco: l’ambiente è costituito da una navata unica, scandita dall’alternanza tra lesene, cappelle e vani che conducono lo sguardo fino all’altare maggiore. Le tinte prevalenti sono nei toni del bianco, del rosa e del crema, accese qua e là dai colori più brillanti usati negli affreschi, principalmente quelli della volta centrale, che raccontano tre episodi della vita di Sant’Andrea, e quelli del Presbiterio. Lungo le pareti poi, si nota un cornicione aggettante che idealmente le separa dalla volta. Immediatamente al di sotto del cornicione corre un fregio in gesso che riprende la decorazione del sopraportale, attenuando la separazione tra interno ed esterno.
Uno scrigno d’arte
Non solo il vecchio edificio sacro: anche gli arredi e le decorazioni antichi andarono perduti, e fu necessario sostituirli con opere realizzate nel corso del ‘900. A Sant'Andrea, però, ci sono alcuni elementi recuperati qua e là, che hanno molta, moltissima storia alle spalle. La pala d’altare, per esempio, cattura immediatamente lo sguardo. Certo, come in ogni edificio sacro, è l’architettura stessa a convogliare l’attenzione sull’altare, ma qui c’è qualche altro elemento al lavoro. La pala raffigura il Martirio di Sant’Andrea con anatomie ben tornite, di eredità michelangiolesca, colori intensi ed una luce violenta, capace di squarciare le nubi dello sfondo e di scolpire i volumi del quadro. Si tratta di un approccio manierista e no, non è un’imitazione, ma un dipinto originale del 1587, realizzato dall’artista toscano Durante Alberti. Non si conoscono bene gli spostamenti di quest’opera nei secoli, ma pare che il committente originale fosse di Bologna, e che proprio a Bologna, sul finire degli anni ‘20, fosse stata notata dal barone Antonio Codelli di Mossa, e segnalata all’allora parroco come possibile acquisizione per la nuova chiesa.
Meno articolata è la storia dei due altari custoditi nelle due cappelle che si trovano all’altezza dell’arco santo: realizzati in marmi policromi, sono datati ai primi anni del ‘700 e sono giunti fin qui proprio dal santuario del Preval, che dopo i danni subiti durante la Grande Guerra dovette attendere molti anni per tornare finalmente ad accogliere i fedeli. La stessa sorte degli altari venne condivisa da quello che era il più grande tesoro del santuario: la statua della Madonna con Bambino. Realizzata da un artista ignoto da un blocco di legno di tiglio, da secoli questa Madonna in trono suscita l’amore e la devozione non solo dei cittadini di Mossa, ma anche degli abitanti dei comuni vicini e perfino di quelli oltre i confini nazionali.
Alla Madonna si attribuisce proprio la prima costruzione del santuario del Preval. Un contadino avrebbe infatti trovato una sua immagine fra l’erba e, per quante volte la portassero alla pieve più vicina, l’immagine di notte tornava al suo prato, finché gli abitanti della valle si convinsero ed edificarono un’edicola sacra lì dove era stato loro indicato.
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Indice
INTRODUZIONE
Mossa, nel cuore del Friuli Orientale
1 di 3
Mossa tra natura e storia
2 di 3
Gli inebrianti sapori di Mossa
3 di 3
Mossa, il Preval e i luoghi dello Spirito
Dov'è
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