SHARRYLAND
La cozza di Scardovari, oro nero del Delta
La baia, le palafitte dei pescatori e un mollusco benemerito da assaporare lentamente
Dov'è
La Sacca di Scardovari
La Sacca di Scardovari è una profonda insenatura tra le foci di due rami del Delta, il Po delle Tolle e il Po di Gnocca. Uno specchio d’acqua di tremila ettari, disegnato tra le risaie e le ultime zone palustri, dove l’andirivieni delle acque di marea, combinate ai flussi d’acqua dolce ricchi di nutrienti creano un ambiente salmastro unico nel suo genere, che in anni recenti si è dimostrato ideale per l’allevamento dei molluschi. La cozza, in primis, che negli ultimi decenni ha fatto la fortuna di questo lembo di Polesine. «L’oro nero del Delta», secondo uno slogan molto azzeccato. La «Cozza di Scardovari DOP», anche se, in accordo con il dialetto locale, si dovrebbe chiamarla ‘peòcio’, o quanto meno ‘mitilo’, come da denominazione scientifica, Mytilus galloprovincialis, ma alla fine anche da queste parti ci si è rassegnati a chiamarla ‘cozza’, come si fa a Napoli.
Sono varie le zone di allevamento delle cozze lungo le coste italiane, ciascuna con le sue peculiarità. Le cozze di Scardovari portano a sostegno della propria unicità un ambiente lontano da fonti di inquinamento urbano o industriale e un costante ricambio d’acqua dovuto tanto alla marea quanto alla corrente fluviale. A prevalere nella Sacca di Scardovari sono le acque dolci, naturalmente ricche di nutrienti, è questo fa sì che i molluschi abbiano uno sviluppo ottimale senza bisogno di alcun artificio. Basta che gli allevatori innestino il novellame su supporti che vengono sospesi nell’acqua, limitandosi poi a seguirne lo sviluppo nei mesi. Senza dimenticare che il locale Consorzio dei Pescatori tratta anche altri frutti di mare: vongola verace (Tapes semidecussatus) e vongola adriatica (Chamelea gallina); cannolicchio (Ensis directus); fasolaro (Callista chione); tartufo di mare (Venus verrucosa); ostrica (Crassostrea gigas).
Si passi all'assaggio!
La Sacca di Scardovari oltre a fornire materia prima a chilometro zero, presenta anche una varietà di locali dove sperimentarne subito la qualità. Si va dal ristorante vero e proprio alla palafitta che si sporge dall’argine, avendo per comune denominatore tutta la locale rassegna dei frutti di mare: dal piatto più semplice, cozze e vongole alla marinara, così come viene chiamato il tradizionale guazzetto di molluschi, a una specialità d’importazione, gli spaghetti alle vongole, che ormai hanno preso la doppia cittadinanza, partenopei d’origine, polesani d’adozione. A conferma di questa sorta di gemellaggio veneto-campano, si segnala anche la cosiddetta pizza della Sacca, ovviamente con cozze e vongole. Tra i piatti memorabili: cozze gratinate miste, risotto di cozze, pasticcio di vongole, bigoli con ragù di vongole… Prelibatezze, che vengono riproposte nella ricorrenza dei santi Pietro e Paolo, per la Festa del Pescatore di Scardovari.
Una storia di acque e ingegno
«Polesine dei sospiri», così veniva chiamato questo estremo lembo della provincia di Rovigo, tanto spesso alla mercé di rovinose alluvioni, le più recenti nel 1951 e nel 1966. Grandi lavori di sistemazione idraulica hanno risollevato il territorio che ha trovato primo riscatto nell’agricoltura, con specifico motivo d’orgoglio nella produzione del riso, e successiva fortuna nell’allevamento di molluschi bivalvi, cozze e vongole in primis. Risale al 1976 la creazione del Consorzio che riunisce tutte le 14 cooperative di pescatori della zona in una compagine imprenditoriale da primato assoluto. Gli anni Ottanta hanno visto un’affermazione di mercato che dopo trent’anni può dirsi culminata nel 2013 con il riconoscimento comunitario della DOP, ovvero della Denominazione di Origine Protetta per la «Cozza di Scardovari», affiancando una vera celebrità francese, la «Moule de la Baie du Mont-Saint-Michel» AOP.
Oggi il comparto produttivo della Sacca di Scardovari interessa 1500 pescatori e la cosa piuttosto sorprendente è che la metà siano donne. La qual cosa ha una spiegazione nella più recente storia dell’imprenditoria veneta. Ci sono stati anni, infatti, in cui il Polesine ha rappresentato una sorta di nuova frontiera dell’industria tessile a beneficio per lo più della manodopera femminile. Tramontato quel momento, è stata invece la molluschicoltura a risollevare le sorti del territorio portandolo negli anni a un inusitato benessere.
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